31.1.08

 

Torino: le donne sospendono il consiglio regionale


TORINO, 29 GENNAIO 2008 - Un gruppo di donne del movimento torinese ha interrotto questa mattina i lavori del Consiglio regionale del Piemonte, convocato in seduta straordinaria. La seduta era stata richiesta dall'opposizione (di centro destra) per presentare una richiesta di modifica alla legge 194 relativa alle interruzioni di gravidanza, in particolare per la parte che riguarda la regolamentazione dell’aborto terapeutico.

La proposta nasce sulla scia di quanto già successo in Lombardia dove la regione è riuscita a far passare una sostanziale modifica al regolamento inerente gli aborti terapeutici, riducendo il termine ultimo da 24 settimane a 22. La mozione, presentata stamattina a Torino da alcuni consiglieri del centro destra rappresenta un attacco su scala locale facente parte di una più vasta iniziativa politica e mediatica che, a vari livelli sta tenendo sotto assedio la 194 e i diritti delle donne in generale. Dalle farneticazioni del papa, di Ruini e di tutte le autorità Vaticane sulla famiglia naturale, fino alla richiesta di "moratoria sulla pena d'aborto", proposta dal servile e opportunista Giuliano Ferrara, il mondo cattolico sembra compatto per prendere di petto la questione aborto e riportare la donna al suo "ruolo naturale": quello di produrre figli. D'altronde come dice Ruini, "la donna è libera soltanto nella maternità".

Il tutto stava passando attraverso l'indifferenza o il tacito assenso del centrosinistra, troppo impegnato a raccattare briciole di voti cattolici per prendere una posizione forte sul diritto delle donne ad autodeterminarsi.

Ma per fortuna c'è anche chi questi attacchi non li accetta passivamente e questa mattina un numeroso presidio di donne e uomini di ogni età si è formato davanti al palazzo della Regione; facce piene rabbia nel trovarsi di nuovo a dover difendere dei sacrosanti diritti, conquistati esattamente 30 anni fa con la lotta e che mai più si pensava potessero essere messi in discussione. Dopo aver dato vita ad un presidio all'esterno del palazzo, una trentina di donne è entrata in aula lanciando slogan in favore della legge 194 e dell'autodeterminazione mentre un consigliere di Alleanza Nazionale presentava la mozione. E' stato lanciato del prezzemolo a ricordare che le donne non vogliono tornare a dover rischiare la vita per abortire in clandestinità.

La digos è intervenuta per allontanare le "disturbatrici" ma le manifestanti sono comunque riuscite a far sospendere la discussione su questa vergognosa proposta. La contestazione, rivolta tanto al centrodestra, quanto all’indifferente centrosinistra, che, impegnato nella difesa di un cosiddetto dibattito civile e democratico, accetta e tollera che su questi temi si torni a discutere in maniera assolutamente strumentale e provocatoria. La protesta delle donne ha ottenuto di fatto che la seduta venisse sospesa e ancora una volta sono riuscite nell’intento di dimostrare che non sono più disposte a sentire tutto questo insidioso chiacchiericcio sui loro diritti, ma vogliono prendere la parola per ribadire che nessuno può arrogarsi il diritto di legiferare sul loro corpo e sulla loro sessualità.

V. testo del volantino diffuso nell'occasione

(Infoaut.org)

Etichette: , , ,


29.1.08

 

"Via i rosari dalle nostre ovaie"


In Spagna cattolici all'offensiva contro l'aborto. Il dibattito irrompe in campagna elettorale. E le femministe tornano in piazza: «Via i rosari dalle nostre ovaie». Zapatero cauto Per il premier il tema non va trattato in campagna elettorale: «Dobbiamo cercare il consenso, poi ne parleremo». (Oscar Guisoni)

L'aborto sembrava un tema già risolto per la società spagnola. Ma l'offensiva di certi settori della destra con un forte peso nella magistratura e della gerarchia ecclesiastica più conservatrice è riuscita a reintrodurlo nel dibattito politico. Mentre il Partido Popular all'opposizione pretende che l'attuale legge non si tocchi, il Partito socialista si ritrova in un forte dibattito interno sull'opportunità di ampliare l'ambito della disposizione in vigore, tirando via l'aborto dal Codice penale e incorporando il cosiddetto «quarto presupposto» che permetterebbe alla donna di allegare anche le ragioni economiche fra quelle previste per l'interruzione legale della maternità.

La legislazione spagnola prevede, dal 1985, tre presupposti per l'aborto legale: che la vita della madre sia in pericolo, che la gravidanza sia l'effetto di uno stupro o che si presumano gravi malformazioni fisiche del feto. Nel programma elettorale del 2004 il Psoe, vincitore a sorpresa delle elezioni del 14 marzo, s'impegnava ad ampliare la legge incorporando un quarto presupposto e tirando via l'aborto dal Codice penale e a onorare così una rivendicazione storica del movimento femminista. Però il premier José Luis Rodriguez Zapatero ha ritenuto che si fosse già sfidato abbastanza la chiesa cattolica con la legge sul matrimonio omosessuale e ha deciso di lasciare nel cassetto la sua promessa. Adesso le femministe esigono dal Psoe che torni a incorporare la proposta nel suo programma elettorale in vista del voto fissato per il 9 marzo prossimo.

«Il movimento delle donne - ci spiega Consuelo Catalá, deputata socialista e portavoce alle Cortes della Comunità valenciana della politica per l'eguaglianza di genere - era sicuro che il tema dell'aborto fosse già risolto una volta per tutte e non l'ha considerato quindi prioritario». Però negli ultimi anni i settori più conservatori delle giustizia spagnola hanno cominciato una lenta però costante persecuzione delle cliniche private che praticano l'interruzione della gravidanza, ciò che ha finito per provocare un inedito sciopero di quelle case di cura terminato la settimana scorsa. La situazione si è fatta tanto critica da obbligare l'attuale ministro della sanità, Bernat Soria, a riunirsi con le cliniche per tranquillizzarle e dar loro garanzie di poter portare avanti il loro lavoro senza essere perseguite. «La destra si conferma molto crudele - spiega Catalá - perché non si può andare con la Guardia Civile a interrogare donne che hanno abortito, non importa per quale motivo». La chiesa cattolica, come c'era da aspettarsi, con il pontificato conservatore di Benedetto XVI ha avviato un'offensiva conservatrice anche sul terreno dell'aborto e si è scatenata quando i socialisti hanno menzionato la possibilità di ampliare la legge in vigore includendovi il «quarto presupposto».

Di fronte alla virulenza dell'attacco, le femministe hanno deciso di reagire. Al grido di «saquen los rosarios de nuestros ovarios», «via i rosari dalle nostre ovaie», le donne hanno manifestato mercoledì scorso per le strade di Madrid, Barcellona e altre undici capitali di provincia nella prima mobilitazione in difesa dell'aborto dopo molto tempo. Intanto il Partito socialista ha concluso venerdì a Madrid il dibattito nella commissione incaricata di preparare il programma con cui il Psoe cercherà di vincere di nuovo le elezioni. «Noi donne spingeremo perché il partito torni a includere la proposta di togliere l'aborto dal Codice penale e di ampliare i casi previsti - afferma Consuelo Catalá - nell'ambito di un programma integrale di salute riproduttiva che dia al tema una cornice legale adeguata». Zapatero ha lasciato fredde, giorni fa, le donne vicine al movimento femminista quando ha suggerito che il tema sarebbe stato trattato nella prossima legislatura e che non sarà parte integrante del programma elettorale socialista. «Dobbiamo cercare il consenso» in vista dell'appuntamento decisivo di marzo, ha detto il primo ministro. Parole che all'orecchio di molte donne sono suonate come «non faremo niente che molesti ancor di più la chiesa».

Però se Zapatero si è mostrato tiepido, il Partido Popular fa molta più paura al movimento femminista. Mariano Rajoy, il candidato presidenziale del Pp, ha affermato di essere contrario all'ampliazione dell'attuale legge e questo significa lasciare l'aborto nel Codice penale consentendo ai giudici conservatori di tenere aperta l'offensiva in corso contro le cliniche e le loro pazienti. «Noi femministe ci eravamo smobilitate di fronte a questo tema - spiega Catalá - perché sembrava che ci fosse una sorta di normalizzazione sociale rispetto all'aborto». Ora questa smobilitazione sta finendo. Nelle manifestazioni si chiede un impegno chiaro del governo per riformare la legge, aprendo le porte anche della sanità pubblica all'aborto e per evitare che le donne e i medici si ritrovino in balìa delle crepe lasciate dalla legge in vigore.

(il manifesto, 27.1.08)

Etichette: , , ,


24.1.08

 

Autodifesa della vita: l'ultima parola è la nostra!


Proposta alle compagne milanesi per un 8 marzo non rituale

Con gonnelloni o pantaloni, porporati o ingrigiti, inginocchiati o daipulpiti, sono sempre uomini a pontificare sui nostri corpi. Quelli che appoggiano le guerre e i massacri in nome dello "scontro di civiltà", che accettano e giustificano l'inquinamento, le produzioni nocive e le morti sul lavoro come "effetti collaterali" del profitto e del progresso, sono gli stessi che non dicono una parola sulla violenza contro le donne in famiglia ma ­ forti anche delle complicità di alcune donne di potere additano come assassine le donne che scelgono di interrompere gravidanze non desiderate. Questi feti-cisti farneticano di seppellimenti di feti, cimiteri di feti, feti-cyborg tenuti in vita a forza: mucchietti di cellule inconsapevoli vengono così resi portatori di diritti che poi non sono garantiti a donne e uomini adulte/i e consapevoli. (Riceviamo, approviamo e pubblichiamo)

Il vero assillo di questi feti-cisti è il controllo delle nostre sessualitàe possibilità riproduttive. Ciò che ipocritamente chiamano "difesa dellavita" è in realtà uno strumento ideologico di controllo e di repressione delle pratiche di autodeterminazione delle donne, così come la violenzafemminicida diventa un pretesto per sdoganare politiche securitarie e razziste e tenere le donne imprigionate fra le mura domestiche, riducendoci a soggetti da "proteggere".

Ci vorrebbero terrorizzare o criminalizzare per gestire le nostre vite, perridurre le possibilità di scelta e di movimento, per addomesticarci.

L'assemblea delle donne di Roma ha stabilito una due giorni di confronto (23-24 febbraio) e la costruzione di mobilitazioni in tutte le città per l'8marzo.

Proponiamo di costruire un'iniziativa di piazza a Milano che continui il percorso aperto dal corteo del 24 novembre scorso, in cui come donne abbiamo gridato la nostra VERA "difesa della vita" e la nostra VERA sicurezza: l'AUTODIFESA DELLA VITA.

In un contesto in cui la precarietà non è solo lavorativa ma è ormai unacondizione di vita, dove la famiglia rappresenta al contempo una gabbia femminicida e spesso il solo ammortizzatore sociale, rendere pubbliche lenostre pratiche di AUTODIFESA DELLA VITA ci sembra uno strumento politicoefficace non solo per demistificare le ipocrisie ma anche per valorizzare i percorsi di autonomia reale delle donne che hanno scelto di rompere colvittimismo e con le complicità col dominio patriarcale.

Proponiamo, quindi, un'iniziativa pubblica per l'8 marzo che non si riduca a un rituale né semplicemente ad una manifestazione, ma che sia un'occasioneper rendere pubbliche le nostre denunce e pratiche politiche in difesa della qualità della vita: in poche parole manifestare la nostra AUTODIFESA DELLA VITA, che accomuna il nostro agire politico nel quotidiano coi percorsi delle donne nelle lotte territoriali contro guerre e nocività: ­ No Tav, NoDal Molin, ecc. - e con le pratiche di rottura delle complicità e delle logiche di rappresentanza.

Vorremmo individuare insieme degli obiettivi e trovare modalità comunicative per presentare i nostri punti di forza, cioè nel mostrare positivamente i nostri percorsi e l'autonomia degli stili di vita che pratichiamo, esplicitando le nostre strategie di resistenza a tutte le forme di prevaricazione e di negazione del diritto di autodeterminazione e di scelta, in famiglia, nel lavoro, nella vita.

Invitiamo le compagne interessate a questo percorso a partecipare ad una riunione lunedì 28 gennaio, alle 21 (puntuali), c/o CDM, corso Garibaldi 91, MM2 Moscova (citofonare Collettivi Donne Milanesi), per un primo momento di confronto.

Collettivo femminista Maistat@zitt@ (Milano)

Etichette: , , , , ,


22.1.08

 

Parliamo di aborto sociale: 26.000 bimbi morti al giorno


Mezzo milione di donne ogni anno muoiono per complicazioni di parto o di gravidanza

Presentato il rapporto Unicef: un bambino su quattro è sottopeso. L'80% delle vittime in Africa subsahariana e Asia meridionale. E la metà dei decessi è per fame.

Ventiseimila ogni giorno, una strage continua: è questo il numero dei bambini che muoiono nel mondo prima di arrivare ai cinque anni d'età. E le cause sono facilmente prevenibili, dalle malattie infettive alla diarrea, dalla fame alle scarse condizioni igieniche. La fotografia illustrata oggi nell'ultimo rapporto dell'Unicef sulla condizione dell'infanzia presenta zone d'ombra soprattutto nell'Africa subsahariana e nell'Asia meridionale, dove si verificano l'80 per cento dei decessi infantili: percentuale lontana anni luce dalla condizione dei paesi occidentali.

Ancora 9.7 milioni di piccoli non sopravvivono a causa delle guerre, dei disastri naturali, dell'Aids, o ancora per le condizioni di miseria in cui sono costretti a vivere e per la mancanza di strutture medico-sanitarie adeguate. Un bambino su quattro nel mondo è sottopeso; percentuale che nei paesi meno sviluppati arriva ad uno ogni tre; cinque milioni di bambini sotto i cinque anni d'età muoiono di malnutrizione o fame.

L'allarme dell'Unicef non risparmia poi le madri, la cui condizione non è certo incoraggante: mezzo milione di donne ogni anno muoiono per complicazioni di parto o di gravidanza. E il rischio aumenta per le più giovani: le ragazze sotto i 15 anni di età hanno cinque volte più possibilità di morire rispetto alle ventenni durante il parto. La maglia nera, sotto questo aspetto, tocca al Niger, dove le donne hanno una possibilità su sette di morire dando alla luce il proprio bambino; seguono Sierra Leone e Afghanistan (una su otto), mentre all'altro estremo della classifica ci sono l'Argentina (una possibilità su 530), la Tunisia (una su 500) e la Giordania (una su 450).

Fra i paesi in via di sviluppo le condizioni dei bambini, invece, sono nettamente migliorate a Cuba (sette morti ogni mille nati vivi), in Sri Lanka (13) e Siria (14). Va male invece in Sierra Leone (270), Angola (260) e Afghanistan (257), lontanissime dall'Occidente, in cui svettano Svezia e Singapore, al 189esimo posto nella classifica mondiale per la mortalità infantile che vede l'Italia al 175esimo posto. Ma di cosa muoiono i bambini? Complicazioni neo-natali (36 per cento), polmonite (19 per cento), diarrea (17 per cento), malaria (8 per cento), morbillo (4 per cento), Aids (3 per cento). La situazione non è identica fra i paesi in via di sviluppo: dove sono stati fatti interventi, i risultati si sono avuti. Paesi poveri con enormi difficoltà come Mozambico, Malawi, Eritrea ed Etiopia sono infatti riusciti a ridurre la mortalità dei più piccoli del 40 per cento dal 1990 ad oggi. E a fare la differenza sono spesso le piccole cose: misure salvavita semplici ed economicamente sostenibili come l'allattamento al seno esclusivo e le vaccinazioni, l'uso di zanzariere con insetticidi, gli integratori di vitamina A. Tutti questi accorgimenti hanno contribuito negli ultimi anni a ridurre il tasso dei decessi, sottolinea il direttore generale dell'Unicef, Ann M. Veneman. Con qualche investimento in più, di modesta entità, si potrebbe migliorare di molto: l'agenzia stima che un pacchetto minimo per l'Africa subsahariana porterebbe ad un calo del 30 per cento dei decessi fra i più piccoli, e del 15 per cento per le madri, con un costo di 2-3 dollari in più a persona rispetto ai programmi già adottati. Percentuali che salirebbero al 60 per cento per mamma e bambino con un investimento ulteriore di 12-15 dollari pro capite.

(Repubblica.it, 22 gennaio 2008)

Etichette: , , , ,


16.1.08

 

Ddl contro lo "stalking" (molestie insistenti)



Ddl Stalking, iter accelerato. Via libera dalla commissione di Montecitorio

Via libera, dalla commissione giustizia della camera, al provvedimento sullo stalking, ovvero le molestie insistenti. Il provvedimento (ddl 1249-ter) prevede l'introduzione nel codice penale di una nuova fattispecie di reato contro gli atti persecutori e la discriminazione e violenza determinate dall'orientamento sessuale e dall'identità di genere. (Giovanni Galli)

Il ddl consente di anticipare la tutela penale nei confronti delle vittime. «La commissione giustizia», ha dichiarato il presidente Pino Pisicchio, «ha conferito al relatore il mandato di riferire in aula sul provvedimento riguardante lo stalking e i reati contro la discriminazione sessuale. Il provvedimento, che ha ottenuto i pareri favorevoli da parte delle commissioni competenti, sarà quindi posto all'ordine del giorno dell'aula dalla conferenza dei capigruppo». Ha raccomandato l'iter accelerato per la trattazione di questo tema, il ministro per i diritti e le pari opportunità, Barbara Pollastrini. «È un fatto di civiltà e saggezza», ha affermato il ministro, «dare al paese una legge tanto attesa e utile».

Rientra nella fattispecie dello stalking «chiunque reiteratamente minaccia o molesta taluno suscitando in lui sofferenza psichica o un fondato timore per l'incolumità propria o di una persona legata a esso da relazione affettiva ovvero arrecandogli un apprezzabile pregiudizio alle abitudini di vita».

Per il reo è prevista la reclusione da sei mesi a quattro anni, la pena è aumentata se il fatto è commesso da persona che sia stata legata da stabile relazione affettiva ed è aumentata della metà e si procede d'ufficio se commessa nei confronti di un minore. Ma la tutela nei confronti della vittima prescinde dalla querela. Infatti prima di procedere per vie giudiziarie, la vittima potrà chiedere al questore di avvisare oralmente il responsabile delle molestie. Se avvisato questi continua con le molestie, il tribunale procede d'ufficio. Il giudice inoltre dispone il divieto di avvicinamento dell'imputato ai luoghi abitualmente frequentati dalla vittima.

Il testo introduce anche il reato contro le discriminazioni per l'orientamento sessuale. È prevista infatti la reclusione fino a un anno e sei mesi o la multa fino a 6 mila euro per chi istiga a commettere o commette atti di discriminazione per motivi razziali, etnici, nazionali, religiosi o fondati su opinioni politiche, sulle condizioni personali o sociali ovvero sull'orientamento sessuale o sull'identità di genere.

(Italia oggi, 16.1.08)

Etichette: , , ,


14.1.08

 

Roma: l'assemblea nazionale delle donne del 12 gennaio


«Legge 194, niente passi indietro». Le femministe snobbano Ferrara

«Papa, Veltroni e antiabortisti, non fatevi illusioni». Ieri a Roma l'assemblea delle donne. Per l'8 marzo preparano iniziative in tutta Italia (Daniela Preziosi)

Roma. Il bilancio della manifestazione nazionale contro la violenza degli uomini sulle donne, lo scorso 24 novembre nella capitale, è più che positivo. La «cacciata» delle ministre dalla piazza è stato un gesto «di lotta e di autodifesa» per conservare protagonismo e autonomia. Le prossime mosse saranno due giorni di approfondimenti tematici, il 23 e il 24 a Roma, poi un 8 marzo da celebrare con iniziative specifiche in tutte le città. Ieri l'assemblea nazionale delle donne e delle lesbiche (questa è la definizione che viaggia negli interventi) era convocata nella storica sede della Casa internazionale delle donne. In una sala troppo piccola però, e francamente non si capisce il motivo di tanta stitichezza di spazi. Sono arrivate in trecento, da tutta Italia, soprattutto giovani e giovanissime, per discutere di patriarcato, di autodeterminazione e di come trasformare «un movimento carsico» in un riferimento politico permanente. Forse il sito http://www.controviolenzadonne.org/, che finora ha fatto da collettore per tutte, si doterà di una mailing list, forse si sperimenteranno nuove forme attraverso la rete per raggiungere le donne che non c'erano il 24 novembre in piazza (ma che, in molte hanno testimoniato, si sono ugualmente sentite coinvolte dalla radicalità di quell'evento).

Fatto sta che fra le tante urgenze, ieri, quella di rispondere all'attacco alla legge 194 sferrato dal Vaticano e dal direttore del Foglio Giuliano Ferrara - che ieri nelle stesse ore consumava il suo blitz in una riunione del Pd - era la meno sentita. Non perché non si intenda vigilare sul diritto di aborto - anche se la difesa della 194 non è una priorità negli interventi delle lesbiche - ma perché, hanno ripetuto molte, «non ci facciamo dettare la nostra agenda da Ferrara». Piuttosto che produrre comunicati ad uso e consumo del circo mediatico, queste donne stanno svolgendo inchieste regione per regione sullo stato dei consultori.

Nel dibattito non sono mancati i momenti emozionanti. Come quando Linda, del centro Alma Sabatini, 88 anni, ha lentamente attraversato la siepe delle ragazze sedute per terra per raggiungere Nicole, ragazzina ribelle decenne [di Milano], lì con la nonna, «noi due insieme facciamo cento anni di femminismo». O quando la filosofa e memoria storica delle donne Lea Melandri ha spiegato di aver «riconosciuto» come «simili» le pratiche radicali delle più giovani. Forse anche nell'eccesso di autorganizzazione e in una qualche refrattarietà alle alleanze, che potrebbe trasformarsi in un limite per quest'alba di movimento. Queste donne si prendono tutto il loro tempo per pensarci su. Nel frattempo si vedranno alla 'laica frocessione' all'università la Sapienza di Roma durante la visita di papa Ratzinger, dove sarà accolto dal sindaco Veltroni e dal ministro Mussi. E alla manifestazione No Vat(icano) del prossimo 8 febbraio.

(il manifesto, 13.1.08)
-------------------

- V. le relazioni delle delegate di Milano, Torino e Gorizia-Monfalcone

Etichette: , , , , ,


3.1.08

 

Giù le mani dall'aborto!


Bondi: «Una mozione per cambiare la 194»

Il coordinatore di Forza Italia annuncia un'iniziativa parlamentare contro la legge sull'aborto. E' la risposta all'ennesima crociata lanciata dal cardinale Camillo Ruini (C.L.)

La chiesa di certo non perde tempo. Il nuovo anno non era ancora cominciato ed ecco che ci pensa il cardinal Camillo Ruini a riaprire il fronte antiabortista spronando quanti, in parlamento, vorrebbero mettere mano alla legge 194. L'occasione all'ex presidente della Conferenza espiscopale, oggi vicario del papa per la diocesi di Roma, gliela offre l'ultima provocazione lanciata da Giuliano Ferrara sul Foglio quando, qualche giorno fa, prendendo spunto dalla moratoria sulla pena di morte approvata dalle Nazioni unite ha proposto a sua volta una «moratoria sull'aborto».

«Credo - ha detto il cardinale in un'intervista al Tg5 andata in onda lunedì sera - che dopo il risultato felice ottenuto riguardo alla pena di morte fosse molto logico richiamare il tema dell'aborto e chiedere una moratoria, quantomeno per stimolare, risvegliare la coscienza di tutti, per aiutare a rendersi conto che il bambino in seno alla madre è davvero un essere umano e che la sua soppressione è inevitabilmente la soppressione di un essere umano». E' l'ennesimo attacco della Chiesa alla legge sull'aborto, un modo per ribadire anche alla fine dell'anno uno dei temi - come la famiglia, la procreazione e l'eutanasia - sui quali la Santa Sede non accetta dialogo e non lascia certo libertà di coscienza ai fedeli. Come dimostra l'appello rivolto domenica dallo stesso Benedetto XVI al Family day spagnolo quando - a soli 70 giorni dalle elezioni politiche - ha chiesto ai cattolici di non accettare il matrimonio tra omosessuali e il «divorzio express» varati da Zapatero.

Lanciata lunedì sera con il Tg delle 20, la chiamata alle armi di Ruini resta però inascoltata per molte ore, oscurata forse dall'ennesimo appello a favore della famiglia «fondata sul matrimonio tra uomo e donna» che Benedetto XVI ha voluto lanciare anche ieri mattina dalla Basilica di San Pietro.

Poi, in serata e chissà quanto spontanea, ecco che arriva la risposta di Sandro Bondi. «Mi riconosco pienamente nella parole di sua eccellenza Camillo Ruini» dice il coordinatore di Forza Italia, che annuncia di aver già presentato una mozione parlamentare «per rivedere le linee guida della legge 194, sulla base della necessità di tenere conto della nuove possibilità tecnologiche che rischiano di inficiarne i principi».

Bondi dice di parlare a titolo personale e forse è vero visto che la sua è una voce che rimane isolata. Nessuno, infatti, dall'ex Casa delle Libertà prende la parola per sostenere, come accaduto in passato, le ragioni di Ruini. L'unico a farlo è il vicepresidente del Senato, l'Udc Mario Baccini, che però preferisce frenare l'entusiamo di Bondi. L'iniziativa parlamentare annunciata dal coordinatore di Forza Italia ha infatti tutta l'aria di un tentativo di scippare ai cattolici dell'Udc e dell'Udeur un tema caldo come quello della difesa della vita. Tentativo che Baccini si preoccupa di rispedire al mittente. «Come ci invita a fare il cardinale Ruini, dobbiamo fare una seria promozione della vita in tutti gli ambienti e in tutti i segmenti della società - spiega infatti - E solo quando saremo pronti e sicuri di vincere con convinzione, senza forzature la battaglia in parlamento, varrà la pena di proporre la revisione delle linee guida della 194, altrimenti si corre solo il rischio di rafforzare l'area abortista».

Ma a parte le schermaglie interne al centrodestra, le parole di Ruini anticipano molto chiaramente a quale battaglia, dopo quella sulle unioni civili - saranno chiamati nel 2008 i cattolici eletti in parlamento. «Si può sperare - ha infatti spiegato Ruini nell'intervista al Tg5 - che da questa moratoria (sull'aborto, ndr) venga anche uno stimolo per l'Italia, quantomeno per applicare integralmente la legge sull'aborto che dice di essere legge che intende difendere la vita, quindi applicare questa legge in quelle parti che davvero possono essere di difesa della vita e forse - dice il cardinale - a 30 anni ormai dalla legge aggiornarla al progresso scientifico che ad esempio ha fatto fare grandi passi avanti alla sopravvivenza dei bambini prematuri». «Diventa veramente inammissibile - è la conclusione di Ruini - procedere all'aborto ad un'età del feto nella quale egli potrebbe vivere anche da solo».

(il manifesto, 2.1.08)
----------------------

(Arrivano i primi commenti. ''La legge 194 ha prodotto in Italia dal 1982 a oggi la diminuzione del 45 per cento degli aborti con la relativa sconfitta di ogni pericolosa clandestinita'. Esprimiamo totale e forte solidarieta' al Ministro della Salute Livia Turco per la decisa opposizione a rivedere la normativa''. A dirlo è il segretario nazionale della Federazione Medici Uil Fpl Armando Masucci, commentando il dibattito su una eventuale revisione della legge sull'aborto: ''Questa scelta, sempre dura e dolorosa, deve restare una libera decisione della donna, purche' validamente assistita da personale sanitario preparato ed efficiente, sempre in un rapporto di alta professionalita' e dialogo inter-umano''. Grazie tante, troppa grazia!)
----------------------

- V. anche: Appello femminista contro la moratoria sull’aborto proposta da "il foglio"

Etichette: , ,


This page is powered by Blogger. Isn't yours?

"La donna libera dall’uomo, tutti e due liberi dal Capitale"

(Camilla Ravera - L’Ordine Nuovo, 1921)

--------------------------------------

Sciopero generale, subito!

Stop agli omicidi del profitto! Blocchiamo per un giorno ogni attività. Fermiamo la mano assassina del capitale. Organizziamoci nei posti di lavoro in comitati autonomi operai con funzioni ispettive. Vogliamo uscire di casa... e tornarci!

--------------------------------------